Monasterace, Borgo dove fiorì un grosso monastero de’ Cavalieri Gerosolimitani

Monasterace, Borgo dove fiorì un grosso monastero de’ Cavalieri Gerosolimitani

Black and white drawing of a Templar armed with falchion and shield

Black and white drawing of a Templar armed with falchion and shield

Monasterace, Borgo dove fiorì un grosso monastero de’ Cavalieri Gerosolimitani

di Elia Fiorenza

È questa una delle leggende che più spesso ritornano nel racconto della storia della città e dei suoi monumenti, indissolubilmente legata alla battaglia, forse combattuta in agro stilese, del 13 luglio 982 d.C. quando l’esercito cristiano composto da cavalieri teutonici e guidato da Ottone II di Sassonia, imperatore del Sacro Romano Impero calato in Italia per annettersi i territori bizantini, viene sconfitto nei pressi di una fiumara dall’esercito saraceno dell’emiro Al-Qasim di Palermo che muore durante il combattimento.

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Tuttavia, dopo la prima Crociata (1096), molti cavalieri tornarono in Europa, lasciando la Terra Santa nelle mani degli infedeli. Nel 1099 Ugo di Payns, originario della cittadina francese di Champagne, insieme al suo compagno d’armi Goffredo di Saint-Omer e ad altri sette cavalieri raggiunsero Gerusalemme divenendo custodi del Sepolcro di Gesù, e dando inizio ad uno dei più antichi ordini religiosi cavallereschi cristiani, quello dei Pauperes Commilitones Christi templique Salomonis (Poveri Compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Salomone), meglio noti come Cavalieri Gerosolimitani. Ma il vero compito di questi nobili uomini andava ben oltre la protezione dei pellegrini europei giunti in Terra Santa, essi infatti si dedicarono alla ricerca dei tesori del Tempio di Gerusalemme, reliquie dai poteri immensi, andate perdute nel corso dei secoli.

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E’ in questo modo che i Cavalieri entrarono in possesso di oggetti e documenti importanti, che si impegnarono a custodire e tramandare in segreto. La leggenda racconta che i Cavalieri nascosero parti dei loro tesori in vari luoghi segreti, alcuni dei quali si trovano in Italia. E proprio a Monasterace e nella Locride, secondo le narrazioni leggendarie, diverse sarebbero le tracce del passaggio e della presenza dei Gerosolimitani. Nel trattato del Seicento “della Calabria Illustrata”, padre Giovanni Fiore da Cropani a tal proposito narra: «Quivi giusta, che l’osservano Paolo Gualtieri, ed Ottavio Caietano fiorì un grosso monastero de’ Cavalieri, perciò viene detto Monasteraccio; li famigli di suo servizio, abitandono quivi all’intorno portarono avanti l’abitazione col nome di Monasterace: onde con buona pace di Apollinare Agresta, non pare a proposito il suo sentire, che sia stato fabbricato dalla gente della città posta nella marina sul Capo di Stilo, all’ora che partì a fabbricare su ‘l monte, l’oggidì detto Stilo, se bene accresciuto, allargato di sito, e popolato di abitatori». «Dal che facilmente – continua il frate – si conghiettura la prima origine di questa terra, che non passa oltre i secoli della Grazia, mentre i cavalieri di quest’illustrissima religione, non hanno origine, che da’ secoli in qua di Cristo.

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Ed è pur vero, che circa il 900 o pur 950, all’ora che vennero l’universali rovine di Calabria, egli non era, che semplice monastero de’ cavalieri». «Onde – conclude il religioso – partiti i cavalieri, ei restò abitazione de’ secolari, né tropppo numerosa di abitatori, come pur oggidì, di soli 100 fuochi in circa, forse per l’aria cattiva. Abbonda però di formento, legumi di ogni sorte, e qualità di orti, pescaggioni, e di altro necessario, della quale così descrive Barrio: Hic etiam caseus probatissimus fit, et lina clara, fit gossypium, et sesama, nascuntur cappares. Gode il titolo di principato della famiglia Pignatelli, oggidì vivente don Giacomo». Ed esaminando il “bios” di S. Giovanni Theristys si intuisce che questo monastero, che esternamente aveva l’aspetto di una fortezza, sorgeva sulla collina di Monasterace ed era stato costruito per ospitare e assistere viandanti, soprattutto coloro che si recavano in pellegrinaggio al Santo Sepolcro. Tesi, questa, (pubblicata negli atti del convegno storico di Montestella nel 1996), che avvalora la narrazione del frate cappuccino Giovanni Fiore. Ancora oggi si possono vedere gli imponenti resti di quello che è comune mente chiamato “il Castello”, attorno al quale sorse l’abitato di Monasterace. Della primitiva costruzione del XII secolo, rimangono solamente il ponte d’accesso in pietra e qualche tratto della cinta muraria, in quanto tutta la fortezza subì radicali variazioni a partire dal 1464, quando i Cavalieri abbandonarono Monasterace.

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