Il sindaco Tripodi di Polistena: dagli assegni di sopravvivenza alla lotta alla mafia

Il sindaco Tripodi di Polistena: dagli assegni di sopravvivenza alla lotta alla mafia

Michele Tripodi, classe 78, viene eletto sindaco di Polistena nel 2010, per poi essere rieletto a maggio del 2015, con un noto aumento dei consensi da parte dei cittadini. Svolge la sua carica in modo trasparente, portando avanti i suoi ideali di sinistra espressi durante l’impegno politico intrapreso fin da giovane. Lo incontriamo per conoscerlo meglio.

La prima domanda posta riguarda l’assegno di sopravvivenza, aspetto che ci ha particolarmente colpito. Tale idea è nata qualche anno fa, precisamente nel 2013, per la quale è stato scelto il nome di assegno di sopravvivenza proprio per avanzare una provocazione. Nel nostro paese non esiste reddito di cittadinanza o salario minimo garantito. Ovviamente, è uno strumento che le democrazie europee, e nord-europee soprattutto, stanno già utilizzando da molto tempo. L’Italia, a riguardo, ama contraddistinguersi. Il reddito viene estrapolato da risorse di bilancio tramite il taglio di indennità del 35% di sindaco e amministratori. L’assegno viene erogato a 70-80 famiglie che presentano, all’interno del nucleo famigliare, un giovane disoccupato nella fascia d’età tra i 18 e i 29 anni. Anche il resto dei componenti, per avere diritto a tale assegno, non deve percepire redditi di pensione o disoccupazione. Si tratta di famiglie che vivono sotto la soglia della povertà. Il contributo, che varia tra i 150€ e i 200€, vuole essere simbolico, segnale per esprimere vicinanza e per restituire un minimo di dignità. Il contributo viene sospeso qualora uno dei componenti verrebbe ad essere occupato. Da qualche anno, il contributo viene erogato anche ai migranti che attestano una residenza di almeno due anni presso il comune di Polistena. L’erogazione ha una durata di 6 mesi per ogni anno solare. Un gesto che denota un interesse vivo del sindaco Michele Tripodi verso le fasce più svantaggiate. Tra questi, anche i giovani calabresi, i quali faticano a trovare occupazione nella loro terra. Chiediamo al sindaco cosa prevede per loro, sempre più costretti ad emigrare. Michele Tripodi spiega come alcuni siano stati assunti presso progetti di assistenza ai diversamente abili e agli anziani.  Ci tiene a sottolineare, Michele Tripodi, che Polistena è il comune capofila dei PAC (Progetto Azione e Coesione). Il sindaco ha preteso assunzioni con contratti regolari e non, come da brutta abitudine, retribuendo il personale tramite rimborsi spesa. Gli impieghi, seppur part-time, riescono a garantire una piccola entrata economica.

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Il confronto segue su Palazzo Versace, che porta con sé un’amara storia. Oggi, è il simbolo della lotta alla mafia, principio guida dell’amministrazione comunale in carica. La mafia è bandita a 360°: dai lavori pubblici alla tutela dell’ambiente, la mafia non ha il minimo diritto di collusione. Palazzo Versace è stato confiscato anni fa e la gestione è stata affidata alla parrocchia. All’interno di esso operano associazioni come Libera, Emergency ( con funzione di poliambulatorio per i migranti). Dei 5.000 mq, al momento vengono utilizzati solo i primi due piani. E’ un immobile che viene restituito alla gente, un grosso patrimonio costruito probabilmente con prevaricazioni e violenza economica. L’amministrazione, inoltre, si è costituita parte civile nei processi che hanno interessato le cosche del luogo, pagandone le conseguenze: le intimidazioni subìte sono state pesanti. A queste, è sempre seguita risposta da parte delle istituzioni, perché il silenzio e la paura non possono e non devono sostituire il NO alla mafia dea parte dell’amministrazione. “Purtroppo nessuno è immune dalla mafia e non viviamo in un’isola felice – afferma Michele Tripodi –  ma ci sono esempi importanti di amministrazioni che resistono e che formano una coscienza civile”.

In Calabria, si sa, va di moda il “garantismo”: chi parla di ‘ndrangheta viene attaccato poiché reo di commettere un danno di immagine alla propria regione. Ma il problema della ‘ndrangheta morirà solamente quando un cambio totale di cultura prenderà il posto di atteggiamenti mafiosi e di sopraffazione.

Cosa possiamo fare noi calabresi, oltre a quello che si sta già facendo, per sconfiggere questa piaga?

“Le forme di silenzio finiscono per essere complici; il silenzio non viene solo da chi è affiliato, ma viene pure dall’indifferenza, favorendo l’humus mafioso. Molti giovani prendono ad esempio il retaggio della mafiosità. Di mafia, più se ne parla, più si conosce, più si possono elaborare nuove pratiche di contrasto, non repressive o militari, ma di tipo civico e culturale. Polistena si distingue non perché non c’è la mafia, ma perché con le sue risposte riesce perlomeno a far vergognare alcune persone di essere mafiose. Alcuni territori, sindaci compresi, si sottomettono alla mafia, seppur involontariamente, a causa del loro silenzio: non ne parlano di mafia. La barriera dell’omertà non è una parola, ma un vero e proprio comportamento. La battaglia alla mafia si combatte anche tramite gli inserimenti lavorativi, per esempio, perché si distoglie la possibilità di avvicinarsi a certi ambienti”.

Si conclude questo interessante confronto con una domanda prettamente politica: diatribe accese tra due sindaci di due paesi contigui, due sindaci di sinistra, Michele Tripodi e Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi, hanno alimentato forti conflittualità: non è il momento di superarle?

“Non credo ci sia nulla da superare, non ho mai avuto ambiguità nella mia condotta politica, sono stato sempre diretto. Il sindaco di Cinquefrondi, a mio parere, ha avuto un atteggiamento politicamente sbagliato, creando un danno irreparabile al territorio. All’interno del consiglio metropolitano manca la politica. Una volta i comunisti, quando si incazzavano, non andavano a votare per nessuno. Qua invece è successa un’altra cosa: non solo non si sono incazzati, ma hanno votato pure per altri. Bisogna ristabilire cosa siamo e dove vogliamo arrivare. Quel simbolo lì (indicando una lavorazione col viso di Che Guevara su cuoio) è un simbolo eterno per me. Mi chiedo: i sindaci che hanno votato per Falcomatà, come si comporteranno quando lui ci chiederà di privatizzare l’acqua e i rifiuti? In mancanza di un rappresentante con una sana espressione della cultura della sinistra all’interno del consiglio metropolitano, verranno a mancare opzioni strategiche. Il sindaco Conia aveva firmato pure il nostro documento, manifestando il suo sostegno, improvvisamente venuto meno. Ma non importa: le mie battaglie le farò lo stesso, anche se non potrò avere l’onore di rappresentare altri che la pensano come me”.

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