‘Ndrangheta e cocaina a Vibo, i verbali “scottanti” della pentita

‘Ndrangheta e cocaina a Vibo, i verbali “scottanti” della pentita

Fonte: http://www.zoom24.it/2017/03/08/vibo-cocaina-verbali-oksana-pentita-44383/

Emergono nuovi particolari dagli interrogatori ai quali si è sottoposta la nuova collaboratrice di giustizia Oksana Verman, arrestata nell’ambito dell’operazione “Stammer”

di MIMMO FAMULARO
Sta riempiendo pagine e pagine di verbali Osksana Verman, la nuova collaboratrice di giustizia che sta facendo tremare le cosche della ‘ndrangheta vibonese. E’ stata arrestata la scorso 24 gennaio nell’ambito dell’operazione antidroga “Stammer” che ha smantellato una rete internazionale dedita al narcotraffico con base logistica in provincia di Vibo. Dal 31 gennaio ha iniziato a collaborare con gli inquirenti e a rispondere alla domande del sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Camillo Falvo che ha coordinato l’inchiesta e che l’ha già interrogata un paio di volte nel carcere di Paliano, in provincia di Frosinone, dove si trova reclusa.
Il profilo. Oksana Verman, 41 anni, ucraina, sbarcata in Calabria nel 2000, è la compagna di Salvatore Pititto, 49 anni, di San Giovanni di Mileto, uno dei principali indagati dell’operazione condotta dalla Guardia di finanza di Catanzaro che ha portato in carcere elementi di spicco dei Fiarè di San Gregorio, dei Pititto-Iannello di Mileto e  dei Ventrici-Grillo di San Calogero. In Italia Oksana Verman è arrivata grazie ad un’amica che lavorava nell’azienda Pititto. “In questi 17 anni – ha dichiarato nel primo verbale datato 31 gennaio – sono stata in Italia sempre con Salvatore Pititto avendo con lui una relazione già dopo pochi giorni dal mio arrivo quando mi disse che sarei stata sua o di nessun altro qua in Italia. Da allora siamo stati assieme per tutto il tempo”.

Il pentimento. L’amante di Salvatore Pititto ha deciso di saltare il fosso e collaborare con i magistrati della Dda subito dopo il suo arresto avvenuto all’alba del 24 gennaio. “Ho scelto di collaborare – dice Oksana Verman – perchè sono stata trascinata in questa situazione senza rendermi conto della gravità di ciò che stavo facendo. Ho sbagliato e voglio cambiare vita, senza avere più rapporti con le persone con le quali sono stata arrestata”.

I summit al centro di Vibo. Secondo l’accusa la Verman avrebbe avuto il compito di ospitare i colombiani nella sua casa al centro di Vibo, in via Enrico Gagliardi. E’ qui – riferisce la pentita al sostituto procuratore Falvo (nella foto) – che si sarebbero svolti alcuni summit tra i presunti narcotrafficanti ed è qui che hanno soggiornato “per 15-20 giorni” “El Koronel”, “per 8-9 mesi” John Pelado e per un paio di giorni Jota Jota, ovvero i narcos colombiani. Le sue dichiarazioni sono corroborate anche da una serie di intercettazioni ambientali del Ferragosto 2015, all’interno della stessa abitazione della donna dove gli investigatori avevano piazzato una cimice all’interno di un climatizzatore.
Il ruolo di Salvatore Pititto. Le dichiarazioni di Oksana Verman traggono spunto dalle confessioni del suo amante, Salvatore Pititto, che alla donna avrebbe raccontato molti degli affari illeciti portati avanti dal gruppo. “Salvatore Pititto – afferma l’ucraina – era il soggetto che organizzava i traffici di droga con la collaborazione di altre persone delle quali mi riferiva i nomi. Alcuni di loro li ho conosciuti, altri li conosco di vista”. Le sue dichiarazioni sono spezzettate da diversi omissis che potrebbero contenere all’interno numerosi retroscena.
Il linguaggio in codice. “Salvatore Pititto – riferisce la pentita – utilizzava un linguaggio in codice per parlare con i suoi sodali: per “bianca” intendeva la cocaina, per “erba” o “frasca” la marijuana, per “nera” probabilmente l’eroina. “Lui temeva di essere intercettato – aggiunge Oksana – e quando parlava con gli altri di droga diceva ‘vengo a vedere le pecore’ o ‘ti porto il formaggio’”. La Verman ricorda anche il sequestro dei 63 chili di droga nel porto di Livorno: “Pititto al telefono disse che ‘le pecore erano abortite’ riferendosi al fatto che il ‘lavoro’ non era andato bene, ovvero che la cocaina non era arrivata perché era stata sequestrata”. Ad aiutarlo a trovare i soldi per finanziare gli acquisti della cocaina sarebbe stato Pasquale Pititto, il cugino di Salvatore ed esponente apicale dell’omonimo gruppo di ‘ndrangheta attivo a Mileto. “Salvatore Pititto – aggiunge – era pieno di debiti, era rovinato, per via del fatto che aveva investito nei traffici di droga che erano andati male”.


I sodali. Secondo la pentita, tra i soggetti che collaboravano con Pititto nell’acquisto e nei traffici di droga c’erano Filippo Fiarè, Pasquale, Giuseppe e Antonio Grillo, “quelli del ristorante di San Calogero”, Domenico e Rocco Iannello, Massimiliano Varone, Massimo Pannaci, Fortunato Lo Schiavo, ma anche i figli di Salvatore, Giuseppe e Gianluca, “così come la moglie, la quale ospitava anche lei i colombiani”. Il riferimento è a Mariantonia Mesiano. Fa nomi, cognomi, cita circostanze precise e parla anche di armi e droga nascoste. “Salvatore – afferma Oksana – mi diceva che le armi le teneva in azienda e che le nascondeva sottoterra e che, a volte, le spostava. Non so dire però con precisione dove si trovino né se ha nascosto della sostanza stupefacente”.

Gli incontri a Lamezia. Un altro particolare emerso dai verbali riguarda una serie di incontri che Salvatore Pititto teneva “davanti a Pittarosso a Lamezia”. “Era un punto di incontro – spiega la pentita – con soggetti della zona ionica. In tutto io sarò andata con lui circa 5 volte”.

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