EDITORIALE: DA CHE PULPITO VIENE LA PREDICA?

EDITORIALE: DA CHE PULPITO VIENE LA PREDICA?

“Nessuna pietà, te la sei cercata. Chi sceglie la cultura dello sballo lasci che si divertano anche gli altri.”
Con queste agghiaccianti parole un parroco di Bologna, don Lorenzo Guidotti, ha commentato sul proprio profilo Facebook la notizia dello stupro avvenuto ai danni di una ragazzina di appena 17 anni, durante una serata di divertimento con gli amici.
Ancor più sconvolgente di un uomo di Chiesa che trasmette un aberrante messaggio impregnato di beceri pregiudizi, è certamente il consenso che il suddetto messaggio ha trovato sul web dove, ormai è un dato di fatto, i leoni da tastiera aspettano famelici un nuovo capro espiatorio contro cui sviscerare la propria rabbia repressa ed ingiustificata.
In un mondo che va all’incontrario, le vittime diventano sempre più spesso i colpevoli, agli occhi dell’opinione pubblica. I benpensanti/maldicenti puntano il dito (attraverso la tastiera di uno smartphone, si intende) contro chiunque gli capiti a tiro, meglio ancora se si tratta di soggetti deboli o bisognosi, facendosi portatori di lezioni da impartire, di presunte verità da imporre.
“Si sa che la gente dà buoni consigli sentendosi come Gesù nel tempio, si sa che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio…” cantava De André.
Gli stupratori, i bulli, i violenti, i divulgatori di odio, diventano così fenomeni naturali, per i quali non è necessario spendere nemmeno una parola, mentre la responsabilità è spesso e volentieri attribuita ai malcapitati di turno, ritenuti appunto rei di “essersela cercata”, di aver meritato, per qualche perversa ragione, il torto subìto.

L’imprudenza è considerata un peccato più grave della violenza.
Il web contribuisce ad esasperare il tutto, non tanto creando i sentimenti di rancore (quelli purtroppo sembrano essere insiti nella natura umana), quanto incentivandone la diffusione privilegiando l’impersonalità dei rapporti e l’impunità delle affermazioni: lo schermo del computer trasmette sicurezza, facendoci sentire intoccabili e, per questo, in diritto di vomitare parole a piacimento senza riconoscerne il peso, la gravità.
Ciò che più lascia sgomenti, in questa brutale esibizione di luoghi comuni, è la mancanza di solidarietà umana, considerata un difetto attribuibile all’ipocrisia dei pochi buonisti superstiti.
A tal proposito è utile sottolineare che, nel nuovo dizionario della Salvini&Co, si definisce buonista chiunque continui caparbiamente a difendere valori quali solidarietà ed uguaglianza.
Oggi, infatti, per ottenere consensi è consigliabile essere cinici e dal pregiudizio facile, in quanto il conformismo maggioritario è quello della cattiveria.
Nel mondo che va all’incontrario, succede che anche diversi esponenti politici si espongano in tal senso, come dimostrano gli interventi di Salvini e Giovanardi a sostegno dell’invettiva del caritatevole parroco di Bologna.
Sarebbe sufficiente un po’ di ordinaria umanità e di buonsenso, nel mondo che va all’incontrario.

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