SCHIAVITÙ ED INDIFFERENZA

SCHIAVITÙ ED INDIFFERENZA

Quanto può valere una vita umana? Circa ottocento euro, in Libia. Meno dell’ultimo modello di iPhone, per intenderci.
A rivelarlo è un agghiacciante reportage della CNN reso noto qualche giorno fa, che mette in luce i contorni più crudi della tratta di esseri umani in Libia, dove i migranti vengono venduti all’asta come schiavi.

Vite sottratte alla vita, corpi mercificati, volato e sfruttati.

“700 dinari… 800… Uomo forte, adatto al lavoro nei campi.”

La notizia ci riporta ai tempi più oscuri della storia dell’umanità e dovrebbe far rabbrividire, eppure è passata quasi inosservata: letta distrattamente tra un sorso di caffè caldo e l’altro, o durante una sessione di zapping con il telecomando, rassicurati dalla comodità del proprio divano ed annoiati dalla propria libertà.

Tuttavia, provate ad immaginare che cosa significhi vedere la propria esistenza venduta in cambio di una irrisoria somma di denaro, perdendo diritti, dignità, facoltà di scegliere.
Provate ad immaginare che cosa significhi diventare merce in un mercato degli orrori, privati di tutto.
La vita ridotta ad oggetto dell’altrui possesso è la più profonda negazione della natura stessa dell’uomo.
Meditate, meditiamo: questa è attualità, tragica realtà che si preferisce ignorare per superficialità o opportunismo, in quanto è conveniente e fin troppo comodo voltarsi dall’altra parte mentre l’Italia prende accordi per finanziare le autorità libiche affinché blocchino i migranti nel loro territorio e l’Europa, sempre più inefficace, si conferma incapace di disporre una strategia di accoglienza adeguata ed estesa a tutti i Paesi membri.

Scrivo di questo perché mi piacerebbe contribuire a scuotere le coscienze (impresa ardua), per sentirmi meno impotente o, forse, semplicemente perché ritengo che certe cose non possano passare inosservate: meritano la nostra rabbia, il nostro dolore.
Ma in fondo sappiamo tutti come andrà a finire. Suvvia, chiudiamo pure la porta di casa ed abbandoniamoci alla pigrizia domenicale: il resto non ci interessa, non ci scalfisce, non ci riguarda.
L’indifferenza è estremamente conveniente.
“700 dinari… 800… Uomo forte, adatto al lavoro nei campi.”

Buona domenica.

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