Scioglimento dei comuni, 51 sindaci calabresi chiedono incontro con Minniti

Scioglimento dei comuni, 51 sindaci calabresi chiedono incontro con Minniti

Notizia tratta da: ilfattoquotidiano.it

Cinquantuno sindaci su 85 della provincia di Reggio Calabria hanno chiesto un incontro urgente al ministro dell’Interno Marco Minniti. Si sentono soli e abbandonati. È la risposta allo scioglimento, una decina di giorni fa, di cinque comuni calabresi: su richiesta di Minniti, il Consiglio dei ministri ha inviato i commissari a Lamezia Terme, Petronà, Isola Capo Rizzuto, Marina di Gioiosa Jonica e Cassano allo Jonio.
La ‘ndrangheta dà lavoro, lo Stato aumenta le tasse. Il rischio è quello di assistere al solito refrain secondo cui un Comune che viene sciolto per infiltrazioni mafiose paga un prezzo più alto del condizionamento che subisce dalle cosche. I sindaci dei comuni ricadenti nella Città metropolitana di Reggio non ci stanno a passare per favoreggiatori dei mafiosi e si rivolgono direttamente al ministro, anch’egli calabrese, per porre l’attenzione “sulle condizioni e i contesti in cui si trovano a operare le nostre amministrazioni locali e noi sindaci, primo presidio di democrazia, si dice, rimasto a contatto diretto con i cittadini e il territorio. Un pezzo di Stato, sia pure periferico, che non sempre si sente tale anche perché misconosciuto dagli altri organi dello Stato presenti sul territorio”. Il primo firmatario della lettera è il sindaco di Roghudi Pierpaolo Zavettieri. Dietro di lui anche i primi cittadini di amministrazioni più grandi come Locri, Rosarno e Palmi. Per tutti gli scioglimenti dei Comuni potrebbero essere il frutto della “cultura del sospetto”.

“Le sempre più ridotte risorse degli enti locali – scrivono i sindaci – costringono i Comuni, l’anello più debole della catena istituzionale, a districarsi tra la domanda dei cittadini di servizi essenziali che vanno garantiti e i vincoli di bilancio, che pongono in modo sempre più stringente di ‘spremere’ i contribuenti nei limiti massimi consentiti. In queste condizioni la collaborazione e la fiducia reciproca tra i diversi livelli istituzionali è vitale per reggere la sfida del buon governo, specie in una terra afflitta da un fenomeno radicato ed insidioso come la ‘ndrangheta che guarda costantemente, soprattutto in una realtà economica depressa come la nostra, ai centri della spesa pubblica”. E ancora: “Se al principio della leale collaborazione si sostituisce la cultura del sospetto negli altri organi dello Stato che invece di essere al fianco dei comuni, sia pure in posizione vigile, ne diventano singolarmente ostili, nessun obiettivo di crescita sociale civile e nessuna azione efficace di contrasto alla criminalità organizzata può avere successo come dimostra l’esperienza di tutti questi anni”.
I sindaci ricordano a Minniti che quando il ministero dell’Interno chiede aiuto a loro per la gestione dei migranti e dei richiedenti asilo loro rispondono: “I nostri comuni non si sono tirati indietro pur dinanzi ai disagi e ai dissensi dei cittadini elettori, contribuendo in tal modo alla riuscita di un’operazione condotta con intelligenza del suo ministero. Quando invece si è costretti ad operare, e ciò accade sempre più spesso, sotto la spada di Damocle dello scioglimento dei consigli comunali per mafia, strumento eccezionale divento ordinario, con i rischi e gli effetti indistinti che comporta degli amministratori, le famiglie e le comunità, la tentazione di mollare l’impegno pubblico diventa molto forte irresistibile”.

“E’ ciò che si vuole?” si domandano i sindaci firmatari che si danno anche una risposta: “La sconfitta non sarebbe solo la nostra ma soprattutto, e ben più grave, dello Stato democratico, costretto ad avvitarsi su se stesso e a ricorrere con sempre maggiore frequenza allo strumento inefficace del commissariamento, affidando l’azione di contrasto unicamente alla magistratura e agli strumenti repressivi e penali”.
In attesa che il ministro dell’Interno Marco Minniti accetti la richiesta di incontro o, quantomeno, risponda alla lettera dei 51 sindaci, il neo procuratore antimafia Federico Cafiero De Raho ha detto la sua durante la trasmissione “Mezz’ora in più”. Intervistato da Lucia Annunziata,il magistrato – per 4 anni a capo della Procura di Reggio – ha spiegato che per alcuni Comuni un periodo di due anni di commissariamento non è sufficiente: “È anche vero che non si può sospendere la democrazia e quindi pensare a percorsi che consentono di accompagnare i Comuni con un sostegno statale potrebbe essere una soluzione”. Se un Comune è inquinato dalle cosche, per De Raho “lo Stato ha fatto bene a scioglierlo. Ma dopo un periodo di scioglimento, il territorio continua ad essere occupato dalla ‘ndrangheta con la conseguenza che il rischio di una nuova infiltrazione è altissimo. Sarà necessario assumere delle modalità di controllo dell’azione amministrativa per garantire quegli stessi organi elettivi nelle successive elezioni in modo da proteggerli da una ‘ndrangheta che fagocita l’organo elettivo e lo costringe a piegarsi alle sue richieste”.

CATEGORIES
TAGS
Share This