Con il Decreto Salvini a rischio 126 SPRAR in Calabria: come mandare in fumo un patrimonio umano, sociale ed economico

Con il Decreto Salvini a rischio 126 SPRAR in Calabria: come mandare in fumo un patrimonio umano, sociale ed economico

Notizia tratta da: ildispaccio

L’idea che si è cercato di trasmettere in questi giorni agli Italiani è che con questo decreto Salvini ci sarà una riduzione del numero di “clandestini” ed una maggiore sicurezza. Ma è realmente così? O più probabilmente è tutto frutto di una manovra politica il cui impatto sui territori non è stato sufficientemente compreso? Anche il “plauso”, che da più parti si ode, per la fine della “pacchia” da parte delle cooperative che si sono occupate di immigrazione, è un chiaro segno della confusione che si è voluta creare e che descrive una realtà diametralmente opposta a quella che va palesandosi. Il sistema dell’accoglienza, in atto, consiste di una “prima accoglienza”, spesso costituita da grandi numeri di ospiti e con un impatto sui territori non sempre favorevole (anzi, sono stati vari i casi di ostilità) ed un sistema di seconda accoglienza, il cosiddetto SPRAR (sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), cui aderiscono i comuni su base volontaria e che è costituito da piccoli numeri di beneficiari. Un sistema che ha generato un circolo virtuoso, non solo mediante l’occupazione, ma anche tramite l’indotto, tramite il mantenimento di scuole aperte in comuni che altrimenti non avrebbero raggiunto il numero di iscritti sufficiente, che ha permesso di mantenere operative alcune attività, in primis nell’ambito agricolo, ormai in forte difficoltà. Un sistema di welfare a due facce, per chi è ospite dei centri ma anche per le comunità locali che accolgono.

Un sistema, inoltre, molto più trasparente dal punto di vista economico, grazie ad un sistema di rendicontazione estremamente rigido e sottoposto ad un doppio controllo. Cosa cambierà dunque con questo decreto? Si depotenzierà proprio il sistema della seconda accoglienza, quello più controllato, più capace di generare inserimento ed integrazione, favorendo i grossi assemblamenti che necessariamente rendono più difficile l’integrazione, creando anzi dei “ghetti” ed aumentando il livello di insicurezza (reale e percepita) all’interno delle comunità che ospiteranno tali strutture. Vi sarà poi l’abolizione della protezione umanitaria (che si continua a ripetere sia una prerogativa tutta italiana mentre è presente, in varie declinazioni, in 20 Paesi europei su 28), che comporta anche l’esclusione dei richiedenti asilo dal registro anagrafico; di fatto una manovra che non farà “sparire i clandestini” (in assenza di accordi bilaterali non è infatti possibile effettuare rimpatri), che avrà una serie di compromissioni dei diritti e, come effetto paradossale, una maggiore insicurezza ed una maggiore presenza di fasce deboli e, di conseguenza, a maggior rischio di irregolarità. Vi è dunque una palese mistificazione di quanto accadrà. Minori diritti, minori ricadute positive sui territori, perdita di posti di lavoro, perdita di opportunità nei piccoli centri, grandi concentrazioni limitate ad alcuni territori che subiranno un impatto di non facile gestione. Non è un caso che sul decreto legge migranti e sicurezza approvato dal Governo Conte si registri un pesante commento da parte del delegato dell’ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) per l’immigrazione, Matteo Biffoni, sindaco di Prato. Cosa aspettarsi dunque? In Calabria ci sono 126 progetti di seconda accoglienza, che raccontano storie di inclusione sociale, ricadute sul territorio, attività produttive, di formazione sociale. Un patrimonio umano, sociale, economico che andrà in fumo. E maggiori concentrazioni di persone progressivamente private dei diritti che serviranno a mantenere quello stato di continua tensione sociale tanto utile ad una certa parte politica. Ho la netta sensazione che agli italiani non sia stata raccontata la verità ma gli si siano presentati una serie di slogan; descrivere la realtà a chi non è addetto ai lavori, ma ha come unica fonte di informazione i tam tam mediatici, è la nostra forma di resistenza.

Luigi G. De Filippis

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