L’urgenza di amare

L’urgenza di amare

Sono affascinato dal ragazzino che ha urlato “ti amo, io ti amo”, mentre scappava con i compagni dallo scuolabus in fiamme, a Milano.

Di quelle parole, catturate dal telefonino di un automobilista, colpisce soprattutto il tono di terrore con cui vengono pronunciate, che ne accentua e ne certifica la spontaneità e la sincerità.

Sono probabilmente molteplici i “ti amo” che ciascuno di noi si ritrova a esclamare senza alcuna voglia nel corso della vita, o quelli detti per ingannare sé stessi, forse ancora più numerosi. Questo invece, considerata l’età del protagonista e le circostanze in cui si trovava, ha tutta l’aria di essere il primo, gridato però come se fosse l’ultimo.

Chissà se il ragazzino lo ha incubato per mesi, rimandando di continuo il momento propizio in attesa di trovare quel coraggio che poi ha trovato solo nella paura di quei momenti concitati. Oppure se quell’amore gli si è rivelato all’improvviso, nell’istante in cui lo ha attraversato la paura di una morte incombente. O se, nel vedersi e nel vedere l’amata in pericolo, si è sentito invadere da un sentimento nuovo e sconosciuto, e dall’impellente desiderio di gridarlo al mondo.

D’altronde, spesso è proprio quando si ha il timore di perdere qualcosa o qualcuno che se ne riconosce pienamente il valore; è proprio la sensazione di poter fare una cosa per l’ultima volta, di non avere a disposizioni altre occasioni, ad imporre un inaspettato coraggio e un’irrefrenabile urgenza.

Sono affascinato dal ragazzino che ha urlato il proprio amore mentre scappava dalla morte, ma sono anche un po’ preoccupato per lui: c’è la possibilità che, in mezzo a tutto quel frastuono, la destinataria non si sia accorta della sua dichiarazione o, peggio, abbia finto di non accorgersene.

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