Uccide la sorella perchè stava con un “Infetto”. Non si può morire così

Uccide la sorella perchè stava con un “Infetto”. Non si può morire così

“Infetto”.
L’ha definito così, Ciro.
Infetto perché trans, a detta del fratello di #MariaPaola, che non accettava la loro relazione.
Così ha ucciso lei e mandato in ospedale lui, massacrandolo di botte.

Quanto accaduto a Caivano ci consegna l’immagine di un Paese che ha più di un problema.
Culturale, innanzitutto. L’Italia, nel proprio sistema formativo, non prevede alcun percorso di educazione alle differenze, all’affettività, al necessario riconoscimento e rispetto dell’altrui identità di genere.

E chiarisce anche un altro tipo di vuoto: quello normativo.

Oltre alla legge Mancino, che punisce azioni e slogan che incitano alla violenza e discriminano per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali, non c’è niente che preveda una specifica condanna contro odio e violenze a sfondo omotransfobico.

Che è esattamente ciò che ha portato alla morte di Maria Paola e all’aggressione di Ciro.

Prendo atto dell’indignazione che proviene anche dalle fila di destra del Parlamento.
Sono gli stessi che negli anni hanno battagliato contro ogni minimo riconoscimento civile a capo della comunità lgbtq, gli stessi che sono scesi in piazza perché convinti che la famiglia sia una e sola e classica, che l’omosessualità e la transessualità siano contro natura, che in fondo vi siano cittadini di serie a e di serie b.

Se davvero indigna quanto accaduto a Maria Paola e #Ciro, come dovrebbe, allora la destra la smetta di ostacolare l’approvazione della legge contro l’omobitransfobia e la misoginia.
E rifiuti una volta per tutte l’idea di una società iniqua, discriminatoria e violenta.

Oltre alle parole servono i fatti.

Erasmo PalazzottoMembro della Camera dei Deputati italiana

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