Che cos’è il Long-COVID e quali sono le sue conseguenze? Intervista al dott. Galluzzo del Policlinico Gemelli

Che cos’è il Long-COVID e quali sono le sue conseguenze? Intervista al dott. Galluzzo del Policlinico Gemelli

Le risposte del dott. Vincenzo Galluzzo, Dirigente medico del Day Hospital post-COVID del Policlinico Gemelli di Roma

Questo articolo si inserisce all’interno del progetto “Campagna informativa e di sensibilizzazione on line sul tema della vaccinazione contro il covid-19” realizzato dalla Società Cooperativa Sankara e finanziato dalla Fondazione Nazionale delle Comunicazioni.

Il 30 gennaio 2020, in seguito alla segnalazione da parte della Cina del 31 dicembre 2019, di un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota – solo più tardi identificata come un nuovo coronavirus Sars-CoV-2 – nella città di Wuhan, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale l’epidemia di coronavirus in Cina.

Il giorno successivo il Governo italiano, tenuto conto del carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia, ha proclamato lo stato di emergenza e messo in atto le prime misure di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale. A quasi due anni di distanza da quei giorni, la pandemia non ha cessato di colpire le nostre vite e la nostra quotidianità. È del 24 novembre scorso, infatti, l’ultimo provvedimento in ordine di tempo, approvato dal Consiglio dei Ministri, che introduce misure urgenti pensate ancora per contenere l’epidemia da COVID-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali. Queste misure, ancora necessarie, ci raccontano di come la nostra comune battaglia contro il nuovo coronavirus Sars-CoV-2 non sia terminata.

L’invasività del Covid-19 non colpisce solo le abitudini e la quotidianità, ma, per chi ne è stato direttamente colpito e si è poi negativizzato, anche le condizioni di salute nel medio/lungo periodo.

A distanza di tempo, infatti, un numero importante di persone colpite da COVID-19 presenta manifestazioni cliniche che non si esauriscono nella fase acuta sintomatica, ma possono prolungarsi nel tempo, impedendo, di fatto, un pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione, che può riguardare soggetti di qualunque età, è stata riconosciuta come una entità clinica specifica, denominata appunto Long-COVID.

Abbiamo chiesto al dott. Vincenzo Galluzzo, Dirigente Medico presso il Day Hospital post COVID del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma di raccontarci meglio cosa sia la sindrome Long-COVID e quali siano le sue conseguenze.

Gentile dott. Galluzzo, innanzitutto, grazie per il tempo che vorrà dedicarci. Le chiederei, in primis, una sua breve presentazione. Di cosa si occupa nel suo lavoro?

Sono uno dei tanti giovani medici chiamati in causa in corso di pandemia per fronteggiare l’emergenza COVID-19. Nello specifico, da circa un anno coordino le attività del Day Hospital post COVID del Policlinico Gemelli di Roma, centro di riferimento nazionale per la diagnosi e il trattamento dei disturbi post COVID. Presso il Day Hospital post COVID realizziamo un percorso dedicato per ogni singolo paziente affetto da disturbi post Covid, che include esami di laboratorio, test di funzionalità respiratoria, esami radiologici e visite specialistiche. Sorto ad Aprile 2020, a poche settimane dallo scoppio della pandemia in Italia, ad oggi nel nostro centro abbiamo valutato più di 2000 persone affette da Sindrome Long Covid.

Che cos’è la sindrome Long Covid?

La sindrome Long Covid è un insieme di sintomi che insorge nella fase acuta dell’infezione da COVID-19 e che perdura per almeno 3 mesi dopo la negativizzazione al tampone. In alcuni casi i sintomi post Covid possono comparire anche dopo la negativizzazione. Il Long Covid riguarda anche persone che non sono state ricoverate, di tutte le età. Abbiamo stimato che circa il 70% delle persone affette da COVID-19 può avere almeno un sintomo persistente a medio-lungo termine.

Quali sono i disturbi più comuni nel Long Covid?

Sicuramente il disturbo più comune è la dispnea (o affanno respiratorio), che si verifica soprattutto nelle persone che hanno sviluppato un quadro di polmonite virale. Molto comuni sono l’affaticabilità fisica (in gergo medico detta “fatigue”) e la perdita di memoria/difficoltà di concentrazione (il cosiddetto “brain fog”, la “nebbia mentale”), che sono anche i sintomi più invalidanti, perché non permettono di condurre una vita normale. Capita spesso che i nostri pazienti, soprattutto giovani, ci riferiscono difficoltà lavorativa o impedimento a svolgere le normali attività quotidiane. Sono stati identificati decine di sintomi post Covid. Tra gli altri citiamo il mal di testa, i dolori articolari e muscolari, il mancato recupero di olfatto e gusto.

È possibile stimare per quanto tempo potrebbero durare i sintomi?

La persistenza dei sintomi varia da persona a persona. C’è chi riesce a risolverli in qualche mese e c’è chi invece continua ad avere dei sintomi anche dopo un anno dal COVID-19.

Come si diagnostica e come si curano gli effetti del Long Covid?

Il processo diagnostico della Sindrome Long Covid deve innanzitutto basarsi su un’accurata valutazione clinica a 360°, meglio se eseguita da più specialisti. Gli esami strumentali e di laboratorio possono aiutare nella diagnosi ma abbiamo imparato in questi anni che la visita medica è la parte più importante in questa fase. La cura principale della Sindrome Long Covid è il tempo. Quello che noi proviamo a fare è accelerare il processo di guarigione. Ci sono ottime opzioni farmacologiche e riabilitative per quasi tutti i sintomi post Covid.

La vaccinazione aiuta a curare i sintomi del Long Covid?

Non ci sono dati scientifici a riguardo. Sicuramente, anche coloro che hanno contratto l’infezione devono vaccinarsi, perché con il tempo l’immunità naturale si riduce. E’ lo stesso motivo per cui è opportuno fare una terza dose di richiamo.

Che cosa si sente di dire a coloro i quali, ancora oggi, sono restii a vaccinarsi?

La vaccinazione dell’intera popolazione è lo strumento più efficace per ridurre la diffusione del contagio. Lo vediamo anche nei dati forniti dalle autorità sanitarie: rispetto ad un anno fa, grazie alla vaccinazione, il numero di ricoverati e deceduti per COVID-19 si è notevolmente ridotto, nonostante oggi circoli una variante più contagiosa del virus che può eludere il sistema immunitario. Ed è normale che la metà dei ricoverati è vaccinata. In Italia più dell’80% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale. Se il vaccino non funzionasse i ricoveri tra i vaccinati rappresenterebbero l’80%, non la metà. Nella scienza contano i fatti più delle opinioni.

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