Centomila sbattezzi non sono che un inizio

Centomila sbattezzi non sono che un inizio

Quante volte ci siamo sentiti dire che il battesimo non è nient’altro che qualche goccia d’acqua ricevuta quando eravamo incapaci di intendere e di volere, e che sbattezzandoci finiamo per dargli troppa importanza? Eppure il battesimo può avere conseguenze giuridiche concrete.
Il direttore Raffaele Carcano ne parla sul numero 4/2021 della rivista Nessun Dogma.

di Raffaele Carcano – UAAR

Tutto cominciò con un clamoroso errore di valutazione. Un errore basato, per di più, sulla credenza in affermazioni della chiesa cattolica da parte dell’associazione esponenziale degli atei e degli agnostici italiani. Sembra una barzelletta, eppure è andata esattamente così. Compreso il lieto fine. Perché stiamo parlando di una campagna di successo, forse quella di maggior successo nella storia dell’Uaar: l’eccellente connubio di una costante ed efficace attività giuridica con una comunicazione dal grande impatto.

L’Uaar lanciò una campagna di «bonifica statistica»

Ma andiamo per ordine. Poco dopo la sua nascita, l’Uaar lanciò una campagna di «bonifica statistica», invitando i non credenti a chiedere formalmente di non far più parte della chiesa cattolica. Si voleva ridimensionare la pretesa delle gerarchie ecclesiastiche (particolarmente sentita in piena epoca wojtyliana) di rappresentare la quasi totalità della popolazione italiana. Un obbiettivo nobilissimo e importante, ma fondato su un presupposto fallace, anzi due: che le cifre fornite dal Vaticano fossero reali, e che lo fossero perché basate – in analogia a un ufficio anagrafe – sulla differenza tra battesimi e funerali.

Una credenza illusoria, perché tale è ritenere che parroci ultraottantenni tengano la contabilità dei propri fedeli in maniera impeccabile. E, in fondo, bastava pensare al “destino” di fedeli eternamente viventi cui sarebbero andati incontro i defunti salutati, con un funerale non cattolico, a centinaia di chilometri di distanza dal fonte battesimale. A far cadere questa credenza è stata sufficiente un’analisi delle statistiche cattoliche, dalla quale è emerso che la stessa parola ‘statistica’, nei sacri palazzi, è usata assolutamente a sproposito. Già un’osservazione nemmeno troppo approfondita mette in luce quanto le cifre diffuse siano inattendibili, soprattutto perché arrotondate in maniera chiaramente artefatta.

Una riprova eclatante è stata fornita dalle cifre relative al 2008: il Vaticano sostenne che il numero totale dei suoi fedeli nel mondo, quell’anno, era aumentato di 19.058.000. “Peccato” che lo stesso Vaticano avesse comunicato che, sempre quell’anno, i battezzati erano stati 16.974.184: ammesso e non concesso che non fosse morto nemmeno un cattolico, da dove sarebbe scaturita l’eccedenza di due milioni e oltre? Una sorta di quarto segreto di Fermat che nessun mezzo di informazione, ovviamente, si è preoccupato di indagare.

Fu quindi necessaria una correzione di rotta. L’Uaar cominciò a scrivere agli organi di informazione e agli editori di pubblicazioni divulgative e scolastiche chiedendo una rappresentazione corretta del panorama religioso italiano. I risultati sono stati buoni: ormai solo la Santa Sede e i mass media cattolici continuano dogmaticamente a diffondere con pretesa di accuratezza i numeri sparati annualmente. Un risultato analogo si poteva ovviamente conseguire anche cominciando a calcolare le richieste di sbattezzo. Ma c’erano due problemi: non tutti chiedevano lo sbattezzo informandone l’Uaar, e le richieste di sbattezzo si schiantavano comunque contro l’olimpica indifferenza dei parroci. Purtroppo per loro, l’Uaar ricevette un inaspettato aiuto dall’alto.

Non da dio, ovviamente. Ma dall’Unione europea. Che diffuse una direttiva comunitaria per chiedere la tutela della cosiddetta “privacy”. Recepita nella normativa italiana (in cui si aggiunsero, tanto per cambiare, eccezioni in favore delle confessioni religiose), permise comunque ai soci dell’associazione di iniziare a esigere la rettifica di un dato considerato ora “sensibile” ai sin troppo insensibili prelati. Sull’onda del «ve lo chiede l’Europa», non potevano più esimersi dal provvedere. Tanti continuarono a fare orecchie da mercanti (di anime), naturalmente. Ma ora c’era un’istituzione pubblica che li avrebbe giudicati: l’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Il primo caso a finirci fu, nel 1999, proprio quello dell’allora segretario, Luciano Franceschetti. E ne scaturì un pronunciamento epocale.

Il Garante riconobbe che il diritto alla rettifica del dato era ineccepibile

L’aggettivo non è affatto un’iperbole, vista la quantità di carta che avrebbe fatto stampare – e non soltanto quella delle riviste giuridiche. Il Garante (Stefano Rodotà) stabilì che non si poteva procedere alla cancellazione, in quanto il registro dei battesimi documenterebbe un fatto realmente avvenuto – anche se avvenuto senza consenso preventivo dell’interessato, e quindi in violazione alla stessa legge sulla privacy: ennesimo esempio di trattamento privilegiato della religione. Nello stesso tempo, però, il Garante riconobbe che il diritto alla rettifica del dato era ineccepibile: non solo, fu messo nero su bianco che il dato non poteva essere utilizzato per fini statistici o per prendere contatto con l’interessato.

Apriti cielo. I giornali ne scrissero da par loro, dando cioè la parola esclusivamente a prelati. Sulla prima pagina de La Stampa don Leonardo Zega (già direttore di Famiglia Cristiana tra il 1980 e il 1998, quando fu rimosso perché ritenuto modernista) definì la richiesta «una sorta di rito iniziatico in questa congrega di atei confessi» (vedi pagina 4). Libero di pensarlo, ovviamente: ma l’effetto immediato fu alquanto diverso. La stessa Cei, evidentemente timorosa delle possibili ricadute negative, soltanto un mese dopo l’intervento del Garante emanò un decreto generale, nel quale recepì la necessità di annotare nel registro dei battezzati la volontà dell’ex fedele.

L’Uaar, galvanizzata dal pronunciamento (confermato dal tribunale di Padova nel maggio 2000), a sua volta mise immediatamente a disposizione sul suo sito internet un facsimile, liberamente scaricabile e utilizzabile da chiunque. Molto presto si scoprì che gli aspiranti sbattezzandi erano assai più numerosi di quanto si attendessero don Zega e le gerarchie ecclesiastiche. Sicché, nel 2002, l’assemblea plenaria dei vescovi italiani dovette far buon viso a cattivo gioco e diffuse un prontuario, nel quale si dettavano ai parroci le regole di un gioco che tanti cittadini avevano cominciato a praticare contro di loro. «Così ci si tutela da possibili azioni giudiziarie», si giustificò il cardinal Ruini. Forse. Perché rimasero numerosi i parroci che, non eseguendo gli “ordini” (degli sbattezzandi e dei vescovi), andavano regolarmente incontro a sconfitte davanti al Garante.

Dei diversi casi-pilota seguiti vittoriosamente dall’Uaar scrive più estesamente Adele Orioli in questo stesso numero, ma va qui ricordata almeno un’altra vittoria: quella che vide soccombere il Vicariato di Roma, guidato dallo stesso Ruini, nella pretesa che lo sbattezzando si dovesse presentasse di persona presso i loro uffici. Fu peraltro proprio Ruini, poco tempo dopo, a essere costretto a sottoscrivere una richiesta di “scresima”.

Strada facendo, il fenomeno è diventato quindi sempre meno di nicchia e sempre più mainstream. Tutti i mezzi di informazione ne hanno prima o poi parlato: persino un Tg Rai – ovviamente, una volta di più, senza contradditorio. Tra il 2008 e il 2010 l’Uaar organizzò tre giornate nazionali di sbattezzo, alle quali aderirono oltre duemila cittadini. Il più grande sbattezzo di massa di sempre, di cui si parlò persino all’estero: andò in onda un servizio anche alla tv belga (ovviamente con contraddittorio). Nel 2010 fu attivato presso la sede nazionale di Roma lo sportello dello sbattezzo e fu lanciato il sito noto come “sbattezzo counter”, dove ogni apostata poteva lasciare la propria testimonianza.

Un autentico boom di sbattezzi si ebbe poi all’apice dell’immagine negativa di Benedetto XVI

Un autentico boom di sbattezzi si ebbe poi all’apice dell’immagine negativa di Benedetto XVI: chissà, magari contribuì anch’esso alle sue dimissioni, soltanto un mese dopo. Senza che il fenomeno si fermasse: è ormai legittimo stimare in (ben oltre) centomila il numero di italiani che si sono sbattezzati. Anche se il dato reale lo può rivelare soltanto la Cei. Che, ovviamente, si guarda bene dal farlo. Né pensa a modificare la propria dottrina, che continua a giustificare il battesimo del figlio di non cattolici (se il minore è ritenuto in punto di morte). Il catechismo continua a ricordare che il rito è il mezzo «mediante il quale ci si libera dal peccato e, rigenerati come figli di Dio, si diventa membra di Cristo, si è incorporati alla Chiesa e resi partecipi della sua missione», al punto che «il battezzato non appartiene più a se stesso, ma a Gesù. Perciò è chiamato ad essere obbediente e sottomesso ai capi della Chiesa».

Già di per sé un buonissimo motivo per “scorporarsi”, ma non certo l’unico. Chiunque può individuare quello che fa al caso suo, ma nessuno è obbligato ad attivarsi: siamo laici e tolleranti anche in questo. Se il battesimo è un sacramento, lo sbattezzo non è per nulla un contro-sacramento. Ed è decisamente più semplice del battesimo: basta inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno alla parrocchia dove si è subito il rito. Il modulo è disponibile online. Per una volta, i laici della penisola possono essere orgogliosi di una conquista che in tanti altri paesi occidentali non è stata ancora ottenuta.

Una storia dal lieto fine, dunque: perché il vantaggio competitivo di atei e agnostici è di non avere dogmi, e di poter quindi trarre insegnamento dagli errori compiuti. Ma è un lieto fine che ne preannuncia ulteriori, perché la storia continua e ci sono tuttora ampi margini di ulteriore miglioramento. La nuova versione di sbattezzati.it che prende il posto di “sbattezzo counter”, è giusto un esempio di un impegno che si rinnova. In fondo, la generazione più giovane è anche la più incredula di sempre, e le nuove religioni presenti nel panorama italiano rappresentano anche nuove religioni da cui apostatare (e l’Uaar vanta consigli di successo anche in questo caso). Il potenziale è enorme. Quanto il sollievo provato e testimoniato da tanti che hanno compiuto il piccolo-grande passo.

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