Sorace: “I migranti allontanati avevano aggredito e sequestrato”

Quando incontro Maria Paola Sorace viene da una notte di riposo, a casa sua. Nelle tre notti precedenti ha dormito nell’ufficio dove la intervisto, la sede della cooperativa Pathos in via Ente Sila. Proprio di fronte a quell’edificio nei giorni scorsi è avvenuto il blocco stradale effettuato da alcuni dei migranti ospiti del progetto Sprar di cui è coordinatrice. Le ragioni della protesta sono ravvisabili nei ritardi che i richiedenti asilo lamentano in relazione al loro diritto di essere ascoltati dalla Commissione Territoriale di Crotone che deve giudicare della loro sorte. Ragioni assolutamente condivisibili considerato che la legge prevede un tempo di tre mesi tra la richiesta di asilo e l’audizione e invece spesso trascorre anche un anno senza ricevere notizie. Meno condivisibili le forma di protesta, ma soprattutto gli atteggiamenti assunti da alcuni dei migranti nei giorni precedenti. Maria Paola dormiva in ufficio per chiedere l’allontanamento dei istigatori delle proteste. Obiettivo raggiunto. Domenica sera la polizia ha prelevato quattro migranti e li ha trasferiti nei Cara (Centro Accoglienza Richiedenti Asilo) della Puglia.

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Soddisfatta per l’allontanamento?

Sicuramente è stato raggiunto quello che volevamo, perché è stato chiesto con forza di dare un segnale, quindi riteniamo che l’intervento fosse quello dovuto. E’ stata, e la consideriamo comunque, una sconfitta del progetto perché chiaramente, nel momento in cui siamo costretti a prendere una decisione così forte, non siamo altro che come dei genitori che a un certo punto sbagliano su un figlio, però bisognava dare un segnale. Chiaramente questi fatti distruggono anni, mesi di lavoro, di serio lavoro, e quindi ci auguriamo veramente che sia un episodio che finisce qui e che non ne verranno altri, che possa essere veramente la fine, senza altri problemi.

È corretto che dei migranti vengano trasferiti solo per aver protestato per il ritardo delle convocazioni in Commissione? Le persone allontanate sono colpevoli solo di aver fatto una manifestazione?

Chiaramente no, lo abbiamo detto con forza. Li abbiamo sostenuti e noi siamo sempre stati dalla loro parte, è stata la modalità, il metodo utilizzato che è stato sbagliato. Loro hanno ragione, noi siamo con loro, continuiamo a dire che questi ragazzi non possono rimanere fermi anni in attesa di essere convocati. Se i tempi della Commissione si riducessero ai tempi normali di tre mesi, sei mesi massimo, chiaramente si eviterebbero tutta una serie di problemi. Una volta che il ragazzo ha il permesso di soggiorno si sente più tranquillo, si può dedicare a delle attività lavorative, si può trasferire se pensa di non voler vivere in questo territorio. Chiaramente il fatto di rimanere in attesa fa scaturire in loro una forma di rabbia e pensano che se loro rimangono di più nei progetti questa dà a noi la possibilità di guadagnare di più. Chiaramente noi sappiamo che non è così perché noi concludiamo il nostro iter veramente nel giro di qualche mese e poi è tutto in mano agli organi competenti, in questo caso alla Questura. Però non è vero che loro sono stati trasferiti perché hanno manifestato, sono stati trasferiti perché hanno aggredito, hanno minacciato, hanno utilizzato metodi non sicuramente democratici, la manifestazione si può fare, si può chiedere, si può protestare, noi potevamo essere al loro fianco nella protesta, noi questo abbiamo chiesto a loro per mesi, noi siamo con voi, abbiamo detto andiamo in gruppo, ci presentiamo tutti con un pullman e andiamo davanti alla Questura, davanti alla Prefettura, ma noi siamo al vostro fianco. Chiaramente, però, quando poi qualcuno di loro sequestra, chiude un operatore in un ufficio, rompe la scrivania e i mobili, perché è questo quello che è successo una settimana fa, non è più una manifestazione pacifica, non è più un dialogo e noi dobbiamo in qualche modo dimostrare anche ai cittadini di Caulonia che siamo disposti a difendere il progetto e ad accogliere le persone. Dobbiamo difendere i nostri concittadini. Perché se gli ospiti litigano nelle villette, è successo anche questo, le mamme con i bambini scappano, quindi da parte nostra bisognava dare un segnale, non possiamo difendere tutti a prescindere da tutto.

Chi vi è stato vicino in questi giorni burrascosi?

Tanti sindaci, soprattutto quelli impegnati nei progetti di accoglienza fino a tutti gli operatori; qui c’è stato un via vai di operatori, ma anche di tanta gente comune che è venuta solo a manifestare la sua solidarietà. Abbiamo avuto la visita del Vescovo che ci ha chiesto di non scoraggiarci, perché questo è un lavoro importante, un lavoro utile, ci ha chiesto di resistere, di andare avanti perché anche lui si è reso conto che quello che è successo andava in qualche modo bloccato.

Pensi che, con l’allontanamento di questi quattro agitatori, la situazione possa tornare sotto controllo?

Assolutamente si. Questo è stato un chiaro segnale anche per gli altri. Non a caso ieri, dopo l’allontanamento, ho avuto modo di incontrare altri ragazzi che piangevano perché preoccupati del loro futuro, c’è stato anche qualcuno che è venuto qua a chiedere scusa. Quindi, secondo me, la situazione rientrerà completamente.

In questo momento quanti ospiti ci sono nel progetto Sprar di Caulonia?

Sessantotto.

E quante persone ci lavorano?

Tredici. Si tratta di progetti nei quali gran parte delle risorse rimane nel territorio in cui il progetto si realizza a partire dalla forza lavoro, che per scelta ha un contratto a tempo indeterminato; gli ospiti poi vivono negli appartamenti, quindi abbiamo regolari contratti d’affitto e i negozi convenzionati sono tutti di Caulonia. Si crea, quindi, un indotto economico che rimane sul territorio.

Possiamo dare delle cifre? In un anno ad esempio qual è il ritorno economico per Caulonia?

In un progetto di trecento mila euro, nel comune di Caulonia rimane l’80%. Se togliamo le utenze che vanno allo stato, non il gas perché usano le bombole che compriamo qui, togliendo le tasse dello Stato, insomma, il resto rimane tutto sul territorio di Caulonia, pochissimo viene acquistato fuori.

Perché da parte di una minoranza di persone c’è sempre ostilità nei confronti dei progetti di accoglienza?

La questione politica è chiara. La parte politica che vuole un progetto ha anche un ritorno in termini di voti, di consenso. La minoranza capisce che è un punto debole per loro, ma è giusto che sia così, forse. L’importante è che sia però una minoranza costruttiva, perché non si può fomentare, non si possono utilizzare gli ospiti. La minoranza, le minoranze in generale, si devono rendere conto che utilizzare gli ospiti per ottenere un loro consenso è sbagliatissimo.

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