Anche L’Espresso si occupa di Gioiosa Jonica

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TRATTO DA WWW.ESPRESSO.IT (clicca QUI)

La ‘ndrangheta minaccia la democrazia e noi restiamo in silenzio

C’è un paese nella Locride in cui l’arroganza della ‘ndrangheta sta uccidendo lentamente la democrazia. Salvatore Fuda è il primo cittadino di Gioiosa Ionica. È un ragazzo, di sinistra, cresciuto a pane e politica. È bravo e determinato, Salvatore. Talmente bravo e determinato che a dicembre ha subito la prima intimidazione a colpi di pistola. In certi posti, purtroppo, la bravura e l’onestà si misura anche così. Sì, il nostro è proprio un Paese assurdo. Funerali e battesimi organizzati dai clan conquistano le prime pagine e le aperture dei telegiornali, mentre i bravi amministratori che rischiano la pelle nei feudi delle cosche non meritano neppure una riga. Il folklore vince sempre sulla realtà, più complessa da raccontare e spiegare.

Era la notte del 6 dicembre, quando ignoti sparavano ripetuti colpi di pistola sulla fiancata della sua auto parcheggiata sotto casa. ‘Ndranghetisti? Schegge impazzite? Poco importa, perché di arroganza si tratta, e l’arroganza è uno degli elementi costitutivi della mentalità e dell’agire mafioso. La notizia dell’attacco al sindaco non ha varcato i confini regionali. Può fare mai notizia, in un paese con la memoria così corta, una minaccia a un giovane sindaco? Tranne qualche deputato calabrese, il governo non si è speso per niente per sostenere questa giovane e coraggiosa giunta.

A un mese da quelle pistolettate, due camion per la raccolta differenziata dell’amministrazione sono stati bruciati. Stessa mano ignota che puzza di ‘ndrangheta lontano un miglio. Sindaco e giunta sono nel mirino dei boss. Quindi è la democrazia a essere nel mirino dei capi cosca. Un dato che dovrebbe preoccupare e che invece è considerato normale. Siamo talmente assuefatti dal male che lo consideriamo normale.

L'Espresso

In pochi ricordano una storia di resistenza ambientata proprio in questo paese della Locride. Qui è nato Rocco Gatto, il mugnaio comunista che negli anni ’70 sfidò i clan. Li sfidò apertamente rifiutandosi di pagare la mazzetta richiesta dai padrini. Messi in difficoltà da quel mugnaio testardo, che voleva dare l’esempio agli altri, lo uccisero senza pietà. Ma la passione non si può cancellare, nemmeno il piombo può farlo. Così per il funerale di Rocco Gatto i compagni raggiunsero in massa Gioiosa. E lasciarono un dono in sua memoria: un bellissimo murales a rappresentare il quarto stato dell’anti’ndrangheta. È ancora lì, su quel muro di fronte alla piazza principale del paese. Negli anni ha perso colore e vivacità così nel 2008 l’associazione daSud e Libera hanno deciso di ridargli nuova vita.

Salvatore è un po’ figlio di quella storia. Forse per questo fa paura. Da quando si è insediato ha avviato numerosi progetti, tutti elencati nel suo programma elettorale. È riuscito anche ad avviare i bandi pubblici per l’assegnazione dei beni confiscati. Piccoli gesti, rivoluzionari in certi territori. E non è necessario aspettare l’esito delle indagini per dire che l’arroganza delle cosche mostrata in questo mese è in realtà un segno di debolezza da sfruttare: non hanno un interlocutore con cui dialogare. Per questo si innervosiscono e reagiscono. Ma non è più stagione di sindaci antimafia, i leader di partito non sembrano più tanto interessati alle loro battaglie. Ora va di moda la lotta al terrore.

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