Riace, il caso non è chiuso e Spinoza aveva ragione

Riace, il caso non è chiuso e Spinoza aveva ragione

Notizia tratta da: corrieredellacalabria

Diceva Baruch Spinoza «né ridere, né piangere, ma capire» e forse nulla sarebbe più necessario riguardo al cosiddetto “caso Lucano” e all’ultima pronuncia dei giudici al riguardo.

Quella del Riesame di certo non può essere considerata positiva. Al contrario, il presidente – lo stesso che decide insieme ai colleghi del collegio di attenuare la misura cautelare per Lucano – nel motivare quella pronuncia contro il sindaco sospeso di Riace usa parole di fuoco. Tuttavia ci sono tutta una serie di “però” che sarebbe bene tenere a mente nel valutarla.
Primo. Come fa notare più di un tecnico del diritto, sebbene le affermazioni del giudice siano pesantissime e il giudizio quasi senza appello, contestazioni concrete non ce ne sono. Si parla di «mille violazioni di legge» senza ben specificare quali, si contesta il «delirio di onnipotenza» sebbene non figuri fra i reati previsti dal codice, ci si scaglia contro «il disprezzo e lo sciupio di denaro pubblico» senza che però questo si traduca nella contestazione di uno, due, tre, mille “episodi delittuosi” e relativi capi di imputazione.

Secondo, tali profili – già ampiamente cassati dal gip in sede di esecuzione di ordinanza, insieme alle contestazioni di appropriazione indebita e malversazione – sembrano risorgere, come se quanto messo nero su bianco dal giudice di Locri, Domenico Di Croce non valesse alcunché. Incluso l’assioma fondamenta che Di Croce ci ha tenuto a mettere in chiaro più o meno ad ogni paragrafo: a Riace i servizi sono stati erogati, i progetti sono stati portati avanti e i migranti accolti e integrati. Un dato che fino a qualche tempo fa bastava una semplice passeggiata a Riace a confermare.

E poi c’è un dato, che forse più di tutti inquieta. Qualcuno ci teneva – e anche assai – a far sì che l’opinione pubblica conoscesse tali valutazioni. Alla stampa a cui spesso tocca dannarsi per avere un provvedimento, le “carte” sono arrivate comodamente su posta elettronica, tramite mail anonima di un generoso mittente che nessuno conosce. Perché? Chi aveva interesse a far conoscere quello che il giudice ha scritto di Lucano?

Simbolo dell’integrazione possibile per alcuni, incarnazione di tutti i mali dell’accoglienza per altri suo malgrado, il sindaco sospeso di Riace e il “suo” paese dell’accoglienza sono diventati il campo di battaglia su cui si gioca una partita che va ben oltre i confini della Calabria ed è essenzialmente politica.

Si tratta di un dato che non si può dimenticare nel momento con cui ci si misura con gli aspetti giudiziari, politici e sociali della vicenda, che più di altre merita di essere inquadrata lasciando a casa sciarpe, bandiere e afflato da tifosi. Secondo dato da non prendere sottogamba mai, siamo in Calabria.

Alessia Candito

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