Caulonia: la storia infinita del torrente Canne

Caulonia: la storia infinita del torrente Canne

di Cosimo Cavallaro

Lieto di aver aperto un dibattito!  

Giorni addietro, da cittadino ignorante nel senso che volutamente ignoro il balletto delle “competenze” di questo nostro Paese malato di burocrazia, mi sono permesso di ringraziare pubblicamente, tramite Ciavula, il comune di Caulonia per aver finalmente provveduto alla pulizia del torrente Canne.

Poiché in passato, sempre pubblicamente e tramite Ciavula, ad ogni allagamento subìto abbiamo chiesto soccorso al Comune di Caulonia affinché provvedesse, vista la pericolosità e la gravità del fenomeno, a mettere in sicurezza la zona adiacente al torrente, ci sembrava logico che la tanto attesa risoluzione del problema fosse maturata all’interno del palazzo municipale del nostro comune. Ovviamente, come troppo spesso capita, per ricevere le dovute e corrette informazioni si è reso necessario concepire una “provocazione” ovvero intestare all’indirizzo errato i meriti dell’operazione. Ed è così che abbiamo potuto scoprire che, di fatto, l’attuale pulizia del torrente Canne è gestita dal Consorzio di Bonifica di Caulonia al quale vanno, come è ovvio, i nostri ringraziamenti. 

E vissero tutti felici e contenti? No, questa non è una favola ma, al contrario, la conferma di quanto ormai da lungo tempo, grazie al palleggiamento delle responsabilità tra i vari enti, il territorio e con esso i cittadini sono abbandonati ai capricci meteorologici. E attenzione! Questa non è una critica ma una semplice constatazione perché i danni causati dagli intrecci tra le famose “competenze” non si limitano a Caulonia ma sono una norma diffusa in tutto il territorio nazionale. L’individuazione del “responsabile”, al quale rivolgersi per chiedere aiuto o per rimbrottarlo in caso di omissione dei propri doveri è, da sempre, il tallone d’Achille della nostra burocrazia. E non è colpa del cittadino l’incapacità di districarsi nel labirinto degli enti pubblici in quanto, troppo spesso, la Pubblica Amministrazione ci dà la sensazione di essere blindata ovvero protetta dalla ragnatela delle innumerevoli leggi e leggine che si spalmano a pioggia dallo Stato, dalla Regione e dalla Provincia (oggi Città Metropolitana) per giungere infine al Comune il quale, troppo sovente, si trova nell’impossibilità di dare risposte concrete ai propri cittadini sia per mancanza di fondi che per la complessità delle innumerevoli norme. 

Ma che cos’è il Consorzio di Bonifica? Dalle mie misere conoscenze popolane ho sempre pensato che il “consorzio” fosse un ente locale preposto a pulire i bordi delle strade e manutenere le “mastre” per irrigare gli orti e i frutteti. Sbagliato! Leggo su Internet: “I Consorzi di Bonifica sono una delle istituzioni principali per la realizzazione degli scopi di difesa del suolo, di risanamento delle acque, di fruizione e di gestione del patrimonio idrico per gli usi di razionale sviluppo economico e sociale e di tutela degli assetti ambientali ad essi connessi“. E ancora: “Il Consorzio di bonifica di Caulonia è stato costituito con R.D. del 12 febbraio 1930 n. 1699, ampliato con D.P.R. 689 del 14 agosto 1964 e riperimetrato dalla G.R. n. 4600 del 23 novembre 1992”. Non vi è nulla di più ignorante dell’ignoranza! Ma aldilà delle considerazioni su me stesso, la domanda nasce spontanea: “perché in Italia si verificano ancora tante alluvioni ogni anno se è da inizio del ‘900 che abbiamo i consorzi di bonifica preposti alla tutela e al risanamento del suolo e del patrimonio idrico”? La risposta a questa domanda non è dissimile da quella riferibile a tantissimi altri temi di attualità: “Carenza di fondi”. Voci popolari ma credibili ci fanno sapere che il Consorzio di Bonifica di Caulonia è sempre più agonizzante per carenza di personale. Pare che l’ultimo concorso per l’assunzione di manodopera risalga al 1983 e che, da allora, i lavoratori pensionati non sono stati sostituiti. È evidente che con questi “chiari di luna” i cittadini non possono attendersi miracoli, ed è proprio quanto sta accadendo. Basta osservare lo stato di conservazione e manutenzione delle nostre strade o dei nostri acquedotti per renderci conto dell’amara realtà. Come dicevano i nostri avi: “senza sordi non cantanu mancu l’orbi”. 

Ed eccoci alla domanda delle domande: “di chi è la responsabilità sulla carenza di fondi in servizi così essenziali per la vita dei cittadini”? Quando pongo questa domanda si aprono le cataratte del malcontento generale e le risposte convergono sempre, inesorabilmente, verso il bersaglio più facile da individuare ovvero la classe politica con la complicità della pubblica amministrazione da essa coordinata. Ma, come cantava il grande Fabrizio De André, “anche se noi ci crediamo assolti siamo lo stesso coinvolti”! Sì, perché i politici, in una Repubblica Democratica, non sono un’emanazione divina ma sono scelti dai cittadini in libere elezioni per cui altro non sono se non lo specchio di chi li elegge. Ognuno di noi detiene una parte, se pur infinitesima, di responsabilità sull’andamento generale della nazione e sull’immagine di noi stessi che proiettiamo nel mondo intero: il solito refrain offensivo che ci sentiamo ripetere quando ci rechiamo all’estero non per turismo ma per lavoro: “italiani; mafia, pizza e mandolino”. Lo dimostriamo quando sprechiamo le risorse vitali come l’acqua, quando non differenziamo la spazzatura e generiamo discariche a cielo aperto, quando non rispettiamo il codice stradale e usiamo le strade come piste di gara, quando diventiamo intolleranti nei confronti del “diverso”, quando dimentichiamo la solidarietà e il mutuo soccorso, quando definiamo “tassisti del mare” i volontari che rischiano la loro pelle per soccorrere gli sventurati della Terra e quando, avvalorando un egoismo cupo diciamo: “prima gli italiani”. Ma lo dimostriamo soprattutto quando, chiamati alle urne, ci facciamo ammaliare da promesse irrealizzabili e scegliamo gli amministratori del nostro patrimonio, quelli che dovranno decidere come utilizzare ovvero come spartire le nostre risorse finanziarie, in funzione di ansiose convinzioni individuali o di paure alimentate dall’incertezza del futuro e dalla scarsa fiducia nelle nostre capacità. E capita così che, spesso a nostra stessa insaputa ovvero senza neppure capirlo, decidiamo di farci amministrare da coloro che sono in grado di teorizzare “COSA” fare ma non spiegano, forse perché non lo sanno nemmeno loro, “COME” farlo per non parlare del “QUANDO”. Gli stessi che strillano per conseguire un governo “politico” e sparano ad alzo zero contro i governi “tecnici” perché al difuori della visibilità politica non avrebbero voce in capitolo. 

Basta un placido torrente per far tracimare tutta la negatività che convive nel nostro inconscio. 

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