Lettera da Caulonia sull’orrore della guerra in Siria

Lettera da Caulonia sull’orrore della guerra in Siria

Riceviamo e pubblichiamo nella rubrica delle lettere “Dillo alla Ciavula” questa riflessione di Cristiano Fantò.

 

foto siria per pezzo cristiano

 

Accade talvolta di vedere immagini, fotografie, istantanee di vita e di mondo, dotate di forza ed intensità tali da non rendere necessario alcun commento.
Eppure al contempo, davanti a quelle stesse immagini, non si può tacere, o ignorare deliberatamente.
Raccontare diventa una necessità, arrabbiarsi quasi un bisogno, indignarsi un dovere.
La foto in questione, scattata nel dicembre 2014 in Siria presso il campo profughi di Atmeh dal fotografo Osman Sagirli e pubblicata lo scorso gennaio sul quotidiano turco Türkiye, ha fatto il giro del mondo e si è diffusa in occidente pochi giorni fa, dopo essere stata postata su Twitter dalla fotoreporter Nadia AbuSahan.
Il soggetto è Hudea, una bambina di quattro anni con il volto tanto impaurito quanto impotente la quale, confondendo il teleobiettivo del fotografo con un’arma, alza le braccia in segno di resa.
Alzare le braccia in quei casi vuol dire arrendersi, e lei probabilmente lo sa.
Lo sa perché sin da quando è al mondo vede gesti appartenenti al brutale codice della guerra, della paura, della morte. Gesti che sanno di disperata rassegnazione, e che una bambina di quattro anni avrebbe il diritto di non conoscere.
Credere istintivamente che un teleobiettivo sia un’arma significa avere quotidianamente a che fare con la guerra, al punto che questa diventa la sola realtà di cui hai conoscenza, la tua unica finestra sul mondo.
La guerra civile in Siria va avanti dal 2011, continuando a fare vittime (206.000 morti circa), e tantissimi sono i conflitti presenti in diverse parti del mondo.
Leggendo questo articolo, si potrebbe ritenere ripetitivo condannare la guerra e i suoi scempi, in quanto tutto questo risulta essere ormai un dato di fatto, una verità scontata e per questo quasi fuori moda.
Eppure, non è assolutamente così.
Esistono nuove tecniche, nuove armi, nuovi pretesti, che però conducono sempre agli stessi, indicibili orrori.
Risuonano attuali le parole di De Andrè, il quale in un’intervista affermò che “Oggi ci si ammazza per motivi sicuramente molto più futili di quanto non lo sia il valore della vita”.
Sono troppi i bambini o comunque i civili nel mondo che, ancora oggi, vivono lo stesso dramma di Hudea, quotidianamente costretti ad arrendersi alla vita o alla morte nel silenzio e nell’indifferenza generale.
Per tutte queste ragioni, per tutte queste persone, non bisogna mai smettere di raccontare, di informare.
Il sito Ciavula.it si occupa di informazione locale, ma è pur vero che determinate tematiche non hanno patria, né tempo.
Questa foto non è tanto l’immagine simbolica della guerra in Siria, quanto piuttosto l’emblema di una sconfitta che riguarda tutti.
E, se trovare una soluzione a tali drammi risulta comprensibilmente arduo, per oggi provate soltanto a guardare la foto, con indignazione e tanta rabbia.
È pur sempre un inizio.

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